Quando più soggetti si trovano ad essere comproprietari di beni e non trovano un accordo per la loro gestione o ripartizione, a norma dell’art. 1111 C.C., ciascuno ha il diritto di chiedere ed ottenere lo scioglimento della comunione.
Se, dunque, uno dei partecipanti decide di sciogliere la comunione, gli altri non possono impedirlo, qualunque sia la sua quota di proprietà, anche minoritaria.
Il caso più frequente di comunione è senza dubbio quello che si concretizza alla morte di una persona, quando l’eredità spetta pro quota a più persone che l’accettano e si costituisce così una comunione ereditaria, laddove i singoli eredi diventano tra loro “coeredi”. Ma si può instaurare una comunione anche in maniera volontaria, ad esempio con l’acquisto da parte di due o più persone di un unico bene pro-quota, diventando essi in tal modo “comproprietari”.
La comunione si scioglie in primis con la divisione e cioè con il frazionamento in natura tra i diversi coeredi o comproprietari, in proporzione alla quota che spetta a ognuno, dei beni parte facenti parte della comunione, talchè ogni singolo soggetto diventa unico proprietario esclusivo dei beni che gli vengono assegnati.
Ove invece manchi un accordo, ciascun coerede o comproprietario, qualunque sia la quota che gli spetta, si può rivolgere al Tribunale per ottenere lo scioglimento della comunione e la divisione dei beni, mediante la procedura di scioglimento delle comunioni disciplinata dagli artt. 748 ss. C.C., applicabile sia alle divisioni ereditarie che in qualunque altro caso di divisione giudiziale di comunioni.
E’ bene tenere a mente, tuttavia, che, prima di avviare una causa di divisione giudiziale, è obbligatorio procedere all’introduzione di un procedimento di Mediazione davanti a un organismo riconosciuto dal Ministero della Giustizia, con l’assistenza di un Avvocato, e ciò a pena di improcedibilità.
Dopo avere tentato senza successo la Mediazione, il coerede o il comproprietario che voglia promuovere un giudizio di divisione deve rivolgersi al Tribunale del luogo nel quale si è aperta la successione (che coincide con l’ultimo domicilio del defunto) o il bene si trova.
Il processo di divisione davanti al Giudice è articolato in due fasi.
Innanzitutto, il Tribunale deve predisporre, generalmente a mezzo di Consulenza Tecnica d’Ufficio, un progetto di divisione, laddove i beni risultino comodamente divisibili, su cui sentire le parti, e fare tutto quanto necessiti per accertare la piena sussistenza del diritto alla divisione. Una volta predisposto il progetto di divisione, quest’ultimo viene depositato in cancelleria per permettere agli interessati di prenderne visione. Se non sorgono contestazioni, il progetto divisionale viene dichiarato esecutivo e le singole porzioni possono essere attribuite a ciascun coerede o comproprietario.
Un bene non è “comodamente divisibile” quando non è fisicamente frazionabile, quando, cioè, è impossibile realizzare delle porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento (il caso più frequente è senza dubbio un appartamento con più comproprietari, con unico ingresso).
Se un bene non è divisibile, uno o più coeredi o comproprietari (in genere, coloro che possiedono la quota maggiore) possono chiederne l’attribuzione diretta, versando un conguaglio in denaro agli altri aventi diritto. Al contrario, se nessuno di loro è a ciò disposto, dovrà procedersi alla vendita a terzi, con conseguente distribuzione del ricavato in proporzione alle quote di ciascuno dei partecipanti alla comunione, e in ciò sta la seconda fase del giudizio di divisione.
La materia dello scioglimento delle comunioni appare di grande rilevanza pratica ed è spesso oggetto di contrasti che possono essere risolti solamente attraverso l’assistenza di professionisti preparati in grado di far fronte alle diverse problematiche che possono emergere.
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