L’art. 2051 Coc. Civ. stabilisce che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito“. Si tratta, invero, di un’ipotesi di responsabilità estremamente diffusa, poichè involge la proprietà e la disponibilità di beni, mobili o immobili. In sostanza, di fronte a danni cagionati da cose inanimate, il nostro ordinamento identifica una responsabilità in capo a colui che avrebbe dovuto occuparsene e non l’ha fatto o non l’ha fatto in maniera adeguata.
Si può parlare di responsabilità da cose in custodia ove sussistano due presupposti:
a) è necessario che la cosa abbia svolto un ruolo attivo nel meccanismo che ha prodotto il danno (ad esempio, il classico caso del vaso di fiori caduto da una finestra di un piano rialzato su un passante che transita sul marciapiede, o quello dell’ombrellone ancorato al supporto in maniera non adeguata che rovina su un cliente);
b) il custode deve avere un effettivo potere sulla cosa e la custodia non deve essere temporanea e occasionale, poteri che incombono tanto al proprietario quanto al detentore qualificato: è chiaramente diversa la posizione del mero utilizzatore temporaneo, in capo al quale è da escludere l’ipotesi di custodia per specifico accordo tra le parti, o anche per la natura stessa del rapporto, o ancora per la situazione fattuale che si è determinata (ad esempio, in capo a chi ottiene in prestito una bicicletta per pochi istanti).
Tradizionalmente, dottrina e giurisprudenza individuano nella fattispecie un’ipotesi di responsabilità oggettiva, il chè sta a significare che, al verificarsi di un danno, il danneggiato è tenuto a provare il fatto e il danno, mentre la responsabilità del custode si presume, salvo che questi provi il caso fortuito, e tale prova è di tipo positivo, occorrendo cioè indicare in modo specifico e provare un evento straordinario e imprevedibile, come un fenomeno naturale (ad esempio, una tromba d’aria abnorme) o il fatto del terzo (ad esempio, il comportamento imprevedibile dell’utilizzatore danneggiato).
Come corollario della responsabilità oggettiva, vi è il fatto che, se il custode non riesce a provare l’evento che ha provocato il danno, sarà comunque responsabile, anche se per avventura il danno è stato cagionato da un evento assolutamente imprevedibile ed eccezionale, rimanendo a suo carico le cause ignote.
E’ evidente che, sotto il profilo probatorio, il danneggiato gode di un indubbio vantaggio, rispetto ad una normale azione di risarcimento danni extracontrattuale ex art. 2043 Cod. Civ., potendo godere di una presunzione importante, laddove la prova del caso fortuito, che il custode deve fornire se vuole andare esente da responsabilità, è la prova di un evento che vale di per sé ad interrompere il nesso di causalità tra evento e danno.
La giurisprudenza in materia esclude la responsabilità del custode soltanto qualora si sia verificata un’alterazione imprevedibile e non tempestivamente evitabile dello stato della cosa custodita.
La prova dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità dell’insidia o della condotta tenuta dal custode gravano sul custode stesso, il quale deve provare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno: basti pensare al caso altrettanto classico della manutenzione stradale in capo all’organo amministrativo, posto che il proprietario ha l’obbligo di provvedere alla relativa manutenzione, nonché di prevenire e segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia (ad esempio, la buca stradale o la macchia d’olio sull’asfalto).
La responsabilità è esclusa se l’evento sia cagionato da cause estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione. Come pure la responsabilità è esclusa solo nel caso in cui il proprietario non abbia avuto tempo sufficiente a neutralizzare l’imprevisto, intervenendo, in tale circostanza, il caso fortuito. Il concetto di prevedibilità è dunque legato a quello di conoscibilità.
Fondamentale, dunque, in questo tipo di pretese risarcitorie, avere ben chiaro l’impianto probatorio su cui costruire l’azione di risarcimento.
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