Quando una famiglia, legittima o naturale, si dissolve, in presenza di figli minori emerge con forza il tema del loro affidamento, ovvero di definire le modalità di loro gestione e, di conseguenza, del loro mantenimento.
Se è vero che il Giudice, salvo comprovate ragioni, deve fare riferimento ed applicare il criterio dell’affidamento condiviso, che per sua natura e caratteristiche appare il più idoneo a consentire ai minori di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori ed i rispettivi parenti di ciascun ramo genitoriale, è pur vero che vi sono delle eccezioni.
Il criterio fondamentale cui deve attenersi il Giudice per l’affidamento dei minori è costituito dall’esclusivo interesse morale a materiale della prole, che impone di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, indipendentemente dalla richiesta o dall’eventuale accordo tra i genitori.
Tale valutazione richiede un giudizio prognostico sulla capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti ed attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, alla personalità del genitore, all’attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché alle sue consuetudini di vita ed all’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore.
L’affidamento esclusivo costituisce soluzione eccezionale, consentita esclusivamente ove risulti, nei confronti di uno dei genitori, una condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale da rendere l’affidamento condiviso in concreto pregiudizievole e contrario all’interesse esclusivo del minore.
L’affidamento esclusivo deve essere inoltre particolarmente motivato, in ordine non soltanto al pregiudizio potenzialmente arrecato ai bambini da un affidamento condiviso, ma anche all’idoneità del genitore affidatario ed all’inidoneità educativa o alla manifesta carenza dell’altro.
La conflittualità genitoriale non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre assume connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.
Ad ogni modo, la concentrazione di genitorialità in capo ad uno solo dei genitori non rappresenta un provvedimento che incide sulla titolarità della responsabilità genitoriale, modificandone solo l’esercizio: il genitore affidatario deve infatti attenersi alle condizioni determinate dal Giudice, mentre l’altro ha sempre il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al Tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
Anche nel caso di affidamento esclusivo, infatti, va rispettato il più possibile il principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione.
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